Servizio a cura di Federico Capuano
Questa pandemia che sta riguardando da mesi l’intero pianeta è lo specchio di una globalizzazione estrema che l’essere umano ha condotto nel corso degli ultimi decenni. La correlazione tra coronavirus è manie di espansione trova i suoi fondamenti nella rapidità con la quale il virus ha percorso migliaia e migliaia di chilometri, dalla Cina all’Europa agli Stati Uniti.
Abbiamo creato un mondo nel quale gli spostamenti non sono più un problema, un mondo nel quale al mattino puoi bere un caffè in un bar a Roma e la sera gustare cheeseburger a New York, un mondo nel quale le distanze quasi non esistono più.
Se da un lato tutto questo ha permesso una maggiore comunicazione dall’altro ha permesso anche al virus di compiere enormi spostamenti nel giro di pochissimo tempo. Per assurdo il Covid-19 sta viaggiando su canali che noi stessi abbiamo creato. Non a caso, una tra le prime disposizioni dei vari Capi di Stato ha riguardato proprio il blocco del traffico aereo per arginare una diffusione tanto rapida quanto letale.
Tutto questo si sposa perfettamente con il concetto di globalizzazione. Globalizzazione vuol dire distruzione di habitat, prosciugamento di risorse finite considerandole erroneamente e senza alcun motivo infinite, creazione di ambienti quanto più semplici e vivibili possibile per l’essere umano.
Tutto questo a cosa porta?
Porta ad una crescita demografica spropositata che, chiaramente, il nostro pianeta non è pronto a sostenere. Basta pensare che ci stiamo avvicinando a quota 8 miliardi e il trend continua a crescere ogni anno di più.
8 miliardi di persone e risorse che, però, sono pericolosamente rivolte verso un’unica direzione. Paesi in via di sviluppo, contro paesi in sottosviluppo, paesi nei quali le risorse abbondano, contro paesi nei quali le risorse non solo scarseggiano ma in alcuni casi non esistono, paesi nei quali si acquistano smartphone da oltre €1000 e paesi nei quali si mangia, se tutto va bene, una sola volta al giorno.
Mi hanno fatto molto riflettere le parole del direttore generale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) il quale alla domanda “Cosa ti tiene sveglio la notte durante questa crisi?” ha risposto “quello che potrebbe succedere se questo virus si facesse strada nelle nazioni con poche risorse”.
Perché se da un lato in Italia, in Spagna, negli USA, in Cina si chiede alle persone di “mantenere la distanza di sicurezza”, “lavarsi continuamente le mani”, “non uscire di casa”, nei paesi sottosviluppati ci sono persone che vivono in 10 in una casa, persone che l’acqua non ce l’hanno per bere figuriamoci per lavare le mani, persone che se non escono ogni giorno di casa non possono procurarsi quel poco che gli serve per sfamare la propria famiglia.
Questa pandemia ha messo ancora più in evidenza quelle che sono le diseguaglianze che la globalizzazione e lo sviluppo hanno creato nel corso degli anni. Diseguaglianze che ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo si allargano sempre più creando un divario insormontabile tra chi è nato dalla parte giusta del mondo e chi, non per scelta, è nato dalla parte sbagliata.
La cosa sulla quale vorrei invitare a riflettere è che, questo virus, se nei paesi globalizzati colpisce solo chi è più debole (persone anziane, persone con malattie pregresse in primis) nei paesi non sviluppati può potenzialmente uccidere chiunque a causa delle scarse possibilità che queste persone hanno non solo di curarsi nella giusta maniera ma addirittura di riconoscere il virus e non scambiarlo per una semplice febbre.
Altro discorso merita il futuro, il “post-coronavirus”. Quanti di noi si sono chiesti: e dopo come sarà? Come cambieremo? Cosa ci sta insegnando tutto questo?
Purtroppo la storia parla chiaro e ad ogni ciclo di sofferenza, riflessione ed eventi dai quali imparare è seguito un ciclo di totale amnesia il quale, in poco tempo, ha riportato tutti a guardare prevalentemente al proprio tornaconto dimenticandosi ben presto la lezione.
È un po’ come quando si sgrida un bambino affinché non faccia i capricci. Per qualche giorno forse sarà ancora intimorito ma, dopo un po’, è probabile che ricominci a lamentarsi.
L’essere umano in questo senso è il bambino più capriccioso che sia mai nato!