Quello che stiamo affrontando è un periodo storico decisamente complesso per il quale ogni misura di sicurezza attuata per arginare la diffusione del contagio da Coronavirus sembra essere poco efficace.
La domanda che ci siamo posti è: il modello cinese può essere la soluzione per l’Italia?
Il punto è che, dopo i primi casi di contagio verificatisi a Wuhan, la Cina ha attuato una forma di quarantena mai vista prima. Dal 23 gennaio sono stati chiusi gli aeroporti, le stazioni, gli uffici, le scuole, le fabbriche. L’intera economia si è fermata per impedire un contagio già fin troppo rapido.
A Pechino ci sono 827 mila persone in quarantena precauzionale mentre a Wuhan 60 milioni di persone da oltre un mese non possono uscire di casa.
I dati, a fronte di queste misure di quarantena così drastiche, parlano però chiaro. Ad oggi i casi di contagio continuano a diminuire così come il numero dei morti e casi gravi. Tutto questo è stato possibile grazie a due fattori preponderanti.
Il primo è l’incredibile tempismo con il quale il problema è stato affrontato: già dai primi casi la Cina ha attuato forme di prevenzione e di isolamento che hanno permesso quantomeno di arginare il problema e di contenere una sua possibile diffusione a macchia d’olio.
Il secondo, forse ancora più importante, è la rigidità con la quale è stato trattato. Per intenderci, in Cina non è stata messa in atto una comunicazione per fare appello alla ragionevolezza e alla consapevolezza del popolo. Non ci sono stati inviti a “restare a casa” e “uscire il meno possibile”.
Le misure prese hanno imposto l’ordine preciso, e qui c’è una differenza sostanziale, di non uscire di casa nelle zone focolaio e controlli obbligatori (con misurazione della temperatura e compilazione di un modulo con il quale ci si impegna a non uscire di casa e avere contatti per un periodo precauzionale di 14 giorni) per tutti coloro che rientrano nelle grandi metropoli o cittadine.
Città come quella di Wuhan si stanno organizzando per effettuare acquisti (soprattutto quelli di prima necessità) esclusivamente online in modo da evitare al massimo i contatti.
Insomma la Cina ha messo in campo un modello che può senza dubbio essere valido anche per l’Italia dove purtroppo, tra polemiche e panico, il problema sembra essere molto più grave di quello che ci si aspettava.
In futuro epidemiologi e virologi potranno fornirci una relazione chiara ed esaustiva circa tutti i fattori che hanno permesso questo rapido contagio ma, nel frattempo, è fondamentale osservare poche semplici regole ed evitare che la situazione degeneri ulteriormente.
La Cina ha fornito al nostro paese un esempio di efficienza e rapidità di esecuzione impressionante dal quale, sicuramente, possiamo attingere per affrontare al meglio la situazione.
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