Di Savio: Pensioni future: un caos inimmaginabile
Questi mesi di crisi sanitaria ed economica stano mettendo a nostre pensioni future si sono impoverite più di quanto non si possa temere. Siamo troppo concentrati sul drammatico presente della pandemia dimenticando il nostro domani. Ciò è comprensibile ma non scusabile.
Nella Nota aggiuntiva al Documento di economia e finanza (NaDef) la famosa gobba nel rapporto tra la spesa pensionistica e Prodotto interno lordo è diventata un lungo plateau. Il rapporto tra spesa pensionistica e Pil raggiungerà il record del 17,1 per cento a fine 2020 — parliamo di 300 miliardi, colpa anche di quota 100 — e resterà intorno al 16 per cento per gli anni successivi.
Il candidato nelle prossime elezioni per il Movimento delle Liberta Massimiliano Lo Savio lancia l’allarme: Con un governo che vive come se non ci fosse un domani, l’anno zero delle pensioni sarà il 2030.
Lo Savio spiega :’’ Il 2030 non è una data a caso: è l’anno in cui andranno in pensione i figli del baby boom, cioè i nati nei anni 1964-65, quando l’Italia nel pieno miracolo economico partorì oltre un milione di bambini. Quei bambini, al compimento dei 66-67 anni, busseranno alla porta dell’Inps. Un picco di richieste che si tradurrà in uno choc, soprattutto se la crescita economica rimarrà modesta. Il periodo più critico arriverà nel 2035. Sicuramente la situazione attuale non aiuta. Il governo ha promesso delle soluzioni che non sono mai diventate realtà.’’
Lo Savio ribadisce: “La riforma delle pensioni sembra non avere mai fine: il primo a metterci le mani è stato il governo Amato nel ’92, poi quello Dini nel ‘95. Negli anni tutti hanno affrontato il tema, ma nessuno è riuscito a non lasciare vittime sul campo, eclatante fu il caso dei 170mila esondati della Fornero. Prima delle riforme esistevano infatti leggi che permettevano di diventare “baby pensionati” e cioè fortunati lavoratori, pari a circa mezzo milione, che potevano andare in pensione a partire dai 38 anni, dopo averne lavorati solo 15. In tutto, oggi, costano 9 miliardi l’anno. Negli anni ’70 e ’80 la pensione era calcolata in base all’ultima busta paga. È per questo che, nel pubblico, in molti venivano promossi proprio l’ultimo anno di lavoro. È successo in moltissimi casi all’interno dell’esercito italiano, mentre la Regione Sicilia ha mandato in pensione i suoi dipendenti con il 110% dello stipendio.”
Lo Savio conclude: “A oggi, in Italia, il panorama dei pensionati è molto variegato: ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, mentre quelli di serie C, i giovani, combattono prima per avere un lavoro con contratto fisso, poi penseranno alla pensione. Questo scenario un paio di anni fà era impercepibile.”